Alla velocità con cui si evolve il mondo del lavoro, le competenze invecchiano altrettanto rapidamente. Inoltre processi come la trasformazione tecnologica, la digitalizzazione e i progressi nell’uso dell’intelligenza artificiale, impongono notevoli capacità di adattamento. Nasce quindi l’esigenza di cambiare azienda, o cambiare lavoro e ruolo, all’interno della stessa azienda. Ormai i percorsi di carriera non lineari sono sempre più la regola e sempre meno l’eccezione. Tutto questo si riassume nel termine reskilling revolution. Si parla in pratica della tendenza a riqualificare le risorse umane per creare un background resiliente ai cambiamenti.
Si tratta di una sfida importante per chi si occupa di HR Management, ma anche per il personale. Nel dettaglio questo discorso coinvolge i vecchi dipendenti, quelli nuovi, e in particolare quelli che si trovano in una fase intermedia della loro vita lavorativa. Il concetto di reskilling revolution non va confuso con l’upskilling. In questo caso, più che riqualificarsi professionalmente, si fa in modo che un dipendente diventi ancora più bravo nel lavoro che già svolge. L’approccio è quindi verticale, restando nello stesso ambito di riferimento. Lo scopo è “semplicemente” migliorare performance e risultati. Ma questa è un’altra storia.
Perché è importante riqualificarsi
La reskilling revolution è dunque una strategia aziendale trasversale, con cui si apprendono e sviluppano nuove competenze, per assecondare o anticipare i cambiamenti nel mondo del business. Come accennato ciò riguarda sia il mercato del lavoro in generale, che il proprio stesso contesto professionale. Spesso rappresenta una necessità per l’impresa, e si manifesta con il crescere dell’attività. Si chiariscono o modificano gli obiettivi, si ampliano i settori di interesse, e quindi diventa una naturale evoluzione. Nel corso del tempo si esprime la doppia utilità e valore della reskilling revolution.
A breve termine rappresenta un risparmio. Assumere nuovo personale, così come anche licenziarlo, richiede un dispendio di tempo e denaro. In questo modo si usa meglio ciò che già si ha, con lavoratori che già si conoscono, che conoscono l’ambiente, le dinamiche aziendali e condividono i valori del gruppo.
A lungo termine costituisce un guadagno. Grazie alla reskilling revolution si trattengono in azienda preziosi talenti, o addirittura se ne scoprono di nuovi. I dipendenti sono più motivati, produttivi, e aggiornati. Questa tendenza si applica non sono all’organico ma anche ai vertici manageriali. La riqualificazione professionale migliora l’offerta, anzi la potenzia e la amplia, in termini di flessibilità, quantità e qualità.
Come realizzare la reskilling revolution
In che modo realizzare la reskilling revolution nella propria azienda? Ovviamente è impensabile e improduttivo riqualificare tutti i dipendenti. Occorre quindi procedere in modo mirato e razionale. La scelta ricade dunque sulle risorse più versate, più meritevoli o su quelle che lo richiedono espressamente, quando si aprono simili opportunità. Da questo punto di vista ha grande importanza la comunicazione aziendale. È fondamentale il coinvolgimento dei dipendenti, condividendo la cultura dell’aggiornamento continuo.
Una volta individuati i soggetti, gli strumenti da attivare sono molteplici. Si va dalla formazione al coaching, passando per il semplice affiancamento. Tuttavia, prima ancora di ciò, bisogna identificare le competenze su cui puntare. La reskilling revolution ha senso ed efficacia se colpisce quelle abilità e quegli ambiti deboli, ormai obsoleti, non più utili ai processi aziendali. Vanno considerati anche i tempi e i modi richiesti. Non è semplice imparare da capo e riadattarsi. A tale scopo sono utili valutazioni di efficacia, per poter eventualmente aggiustare il tiro. In caso contrario si rischia di sprecare tempo, denaro e soprattutto un’opportunità.